Toma,
24 giugno ’12
La nostra terra trema e le notizie che ci arrivano tramite mail, i racconti, le foto e quello che percepiamo nelle voci di chi si fa sentire fanno tremare anche noi.
Per qualche giorno non sappiamo più dove vogliamo essere, se qui o nella nostra terra. Ammettiamolo però: non ci succedeva da qualche mese. Certo siamo fortunate: se qui si balla è per gioia o preghiera; se le cose cadono dal tavolo è stato il vento che, soffiando fortissimo, porta nuvole cariche di pioggia sacra.
Sperimentiamo l’impotenza umana e ci sentiamo, allo stesso tempo, vicine e lontanissime alla gente che immaginiamo nelle tende, nelle auto, senza un tetto. E se constatiamo che l’uomo non può arrivare ovunque, le notizie al telegiornale hanno raggiunto Toma e il prete che dall’ambone chiede di pregare per Modena ha seminato domande e solidarietà verso di noi. Non li consola certo sapere che “anche i bianchi hanno i loro problemi”, ma diventa un modo per essere più vicini, forse più fratelli e figli di un solo Padre. Allora iniziano le preghiere per i terremotati: in due davanti alla grotta di Maria, in alcuni riuniti o in tanti alla messa. Ancora ogni giorno qualcuno ci chiede “come stanno da voi?” e ci ripete “beaucoup de courage”. Noi li ringraziamo e quasi ci sembra di rubare tempo prezioso alle loro preghiere: hanno già un carico personale decisamente pesante date le strenue condizioni di vita a cui sono obbligati. Per fortuna intanto su questa terra rossa sono cadute le prime piogge: abbondantissime, violente, supplicate, festeggiate. La vita si sveglia, si nasce ancora una volta: c’è un brulicare di persone messe in moto verso i campi. Uomini, donne, bambini e asini in lunghe file indiane, chi cammina e chi pedala; tutti con la zappetta appoggiata alla spalla. Non mancano i più piccoli, che potranno continuare a dormire beati, legati alle schiene delle mamme che continueranno a coltivare la terra.
Insieme agli uomini al lavoro, si sono moltiplicati in infinite specie irriconoscibili laboriosi animaletti che animano i cortili: formiche, millepiedi, vermiciattoli, cavallette… anch’essi a faticare nella terra che diventa verde, che brilla, che non sembra la stessa di un mese fa, che non sembra più la stessa dopo due ore di pioggia. Mentre tutto si muove, anche i giovani si spostano: tornano ai villaggi o ne approfittano per partire nelle grandi città durante le vacanze. Sono sempre meno; lo si vede alla messa del sabato sera, alla Cité des jeunes dove sulla lavagna c’è sempre la stessa espressione di matematica da due settimane ormai, passeggiando senza incontrare ragazzi nelle divise scolastiche colo kaki. Sono partiti e con loro anche un po’ di quella sana allegria tipica della loro età che ci portavano anche in un semplice saluto.
Le nostre attività non si fermano ma ci rendiamo proprio conto che è la gente a dare senso al nostro stare qui. Se questa consapevolezza lascia un po’ di vuoto nelle nostre giornate, allo stesso tempo ci fa sorridere: non potevamo desiderare di meglio!
Alice e Teresa