venerdì 16 marzo 2012

Il calore della febbre


Il caldo massacra l’Africa, con la polvere e la siccità che porta; ma se non ci si dorme qualche volta, non si può immaginare che le notti sono ventose e fredde. Si, fredde perché lo sbalzo termico le fa sentire così su questi corpi accaldati dal sole della giornata.
Guardandomi intorno mi viene quasi da dire che a questa gente piace sudare. Bambini con maglioni di lana e goccioline che scivolano dalla fronte; magliette sotto le camicie, pantaloni sotto le gonne.
Invece a me questo caldo non dà tregua, ma il freddo mi ha colto di sorpresa dopo che per una settimana il sonno era diventato una lotta continua nel girare e rigirare il cuscino per trovare la parte più fresca.
Così il freddo della notte mi ha fatto ammalare ed ho scoperto perché si dice “sono raffreddata”. Niente di chè, i nonni direbbero che è il cambio di stagione ed in effetti, ancora una volta, avrebbero ragione.
Quindi febbre, raffreddore, tosse e mal di gola mi hanno costretto a due giorni di riposo e mi hanno permesso di mettere nuovamente alla prova questo popolo.
Teresa che parte da sola per la messa alla mattina, a comprare il pane, due ruote in giro per Toma e non quattro, da sola al Centro.
Alice è a casa.
Ma, uno dopo l’altro, arrivano loro: Anna e Rebecca, Ciriaque, Beatrice, Rosalie. Sorpresa ed anche un po’ in imbarazzo, non so bene sbrigarmela. Sembrano davvero preoccupati, ma sono malesseri sopportabilissimi qui, in mezzo a gente perennemente malata e senza cure. Starnuti e occhi lucidi febbricitanti tradiscono la mia buona salute, ma riesco comunque a rasserenarli con qualche battuta e parole in samo.
Teresa poi torna a casa con una papaya regalatami e qualche disegno da parte dei bimbi.
Mercoledì abbiamo avuto il tempo, usando questa febbre un po’ come scusa, per bere un the alla Citè des Jeunes, proprio qui di fianco a noi. Un the bollente e lungo, preparato, zuccherato, sorseggiato e condiviso dalle 15 alle 19.30 con altri giovani che passavano di lì.
Questa mattina è passato a salutarmi l’abbè Daniel; come ha fatto a saperlo?! “Me l’hanno detto i burkinabè”. Bè, sappiatelo, a me ha fatto sorridere di tenerezza. Perché non è la prima volta che questa gente si preoccupa per noi. Ci dice “Non abbiamo nulla da darvi, allora come possiamo aiutarvi? Possiamo preoccuparci per voi e cercare di rendervi felice facendovi stare bene tra di noi”.
Ma oggi pomeriggio il regalo più bello: Lazare è arrivato con un sacchettino. Dentro quattro biscotti al sesamo. Ieri avevo abbondantemente espresso il desiderio di mangiarli. Se fossi stata in Italia, certo lo avrei abbracciato.

un regalo da Marie Jeanne 


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