lunedì 28 maggio 2012

Su una panchina


Jacqueline era una suora. Oggi cammina per strada urlando, a volte passeggia nuda al mercato. Ha perso il senno e cerca di sopravvivere con qualche piccolo lavoro di ricamo, quando qualcuno le regala il filo. Reclama spesso sapone e farina, o alle suore o ai preti. Il suo francese è perfetto e il suo portamento la rende degna di una lingua così elegante.
L’altro giorno l’abbiamo incontrata seduta su una panchina e ci ha salutato “Buongiorno signorine”. Non possiamo non avvicinarci a lei: ci racconta che è stata a Roma tre anni, che la sua parrocchia non è lontano da via Monte Napoleone e che vorrebbe i libri di Milano, sullo sport. Ci mostriamo interessate, la ascoltiamo, incorporiamo il suo discorso con tutte quelle tecniche che aiutano un bambino a farsi raccontare. Ripetiamo le sue parole. Insomma, niente di chè. Però l’impressione è che si senta proprio ascoltata.
Così due giorni dopo la troviamo nel cortile, mentre stiamo lavando i piatti della colazione. Era in giro e si è detta “passo a salutare le due signorine”: “è solo un buongiorno il mio”.
Sorride, sorride tanto …e penso che non è solo pazza, ma soprattutto è sola e tanto bella. Anch’io sorrido, sorrido tanto… grazie a lei.
Spero di rincontrarla presto e di avere un sacco di tempo per ascoltare i suoi discorsi che hanno perso il filo e un senso, ma non la memoria e quindi i ricordi.

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