sabato 18 febbraio 2012
Pane burro e marmellata
La sveglia che suona ci porta, di
buon’ora, in una stanza trasformata in cappella. Alla messa delle sei ci siamo
noi due e tre preti. Ci sentiamo quasi privilegiate, non capita spesso! È
l’ultimo dei nostri tre giorni di permanenza in capitale; più tardi saliremo
sul pulmino, unico mezzo di trasporto locale che ci riporterà a Toma dopo
cinque ore di strada, piste e polvere. Finita la messa uno dei tre, l’abbe
Benoit, ci invita a far colazione con loro, i sacerdoti che studiano
all’università di Ouaga. Così ci ritroviamo a spalmare burro e marmellata su
panini che non mancano per ospiti inaspettati. Sarebbe bastato il buon caffè,
rigorosamente preparato per le italiane, a risvegliarci; ma la loro simpatia,
le continue battute tra di loro, mossì e samo (dove l’appartenenza ad un’etnia
è scherzo e risate e per nulla rivalità), le domande per conoscerci e sapere di
noi, le tante spiegazioni sulla loro cultura, i bisogni del popolo e sul come
intervenire con rispetto e delicatezza riempiono le prime ore di questo sabato,
che da subito si rivela non essere per nulla noioso. Per arricchire la già
apprezzata accoglienza, l’abbe Benoit ci accompagna prima ad acquistare i
biglietti per il viaggio e, nella tarda mattinata, ci svela, con una frase che
forse non si è nemmeno accorto di aver pronunciato, cos’è la vera
disponibilità: alla nostra perplessità di essere un disturbo per lui,
semplicemente replica “Ho i miei programmi, ma trovo sempre un po’ di tempo per
aiutare le mie petites soeurs”. Alle undici e trenta saliamo ancora una volta
sulla sua auto che, ancora tra tante chiacchiere, ci porta alla stazione per il
viaggio alla volta di Toma. Un altro
esempio di accoglienza verso di noi che, ancora una volta, non si è fermato ad
un bicchiere di acqua ed allo scambio di nomi.
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