mercoledì 28 dicembre 2011

La meme chose


Alansandre sollevava le maniche della mia maglietta, guardava la mia pancia e poi la schiena. Sollevava i pantaloni per guardare le caviglie e i polpacci. Controllava i capelli: tutti veri, niente di finto attaccato. Mi avrebbe vivisezionato se lo avessi lasciato fare, penso. Parlava svelto in samo con Jean David, commentavano il colore della mia pelle. L’ho capito dalle loro facce cosa si stavano dicendo: “nous ne sommes pas la meme chose”.
“Quanti occhi hai?” “Due”
“Quante orecchie?” “Due”
“Nasi?” “Uno!”
“Quante bocche?” “Una”
 
“Io ho due braccia. E tu?” “Due”
“Poi ho due gambe e due piedi” “Anch’io”
“Aspetta! Ho anche due mani!” “Anch’io ne ho due!”
“Ho cinque, dieci, quindici, venti dita!” “Anch’io!”
“Poi qui ho un cuore, uno solo” “Anch’io ne ho uno, uno solo”
“E allora?” “Nous sommes la meme chose” 

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