Siamo in cinque, cinque bianchissimi nasara ( = uomo bianco) a passeggio per il mercato del villaggio. Dobbiamo comprare piccole cose, chi per ricordo e chi per necessità. Poi è arrivata un’orda di bambini, i timidi e i meno timidi e… siamo circondati! Io non so bene, ma secondo me se ci fossimo messi a contarli ci saremmo fermati intorno alla cinquantina. Arrivano attraversando il mercato dopo la partita di calcio, competizione tra le diverse classi di una scuola. Ci guardano, ci scrutano proprio! Camminiamo per le strade con loro, come sempre ci seguono. Ci insegnano a contare in samo e noi in italiano. Ci fermiamo nel grande spazio davanti alla chiesa, cantiamo: noi i nostri soliti risentitissimi bans, loro le canzoni in samo e… ballano per noi! Un cerchio grandissimo, con la luce del tramonto, voci di bambini: sembra un festa!!! Scende il sole, si fa buio e dobbiamo rientrare, ma soprattutto siamo in pensiero per loro: anche i bambini devono fare ritorno alle loro case, dove qualcuno li aspetta…o almeno così è bello pensare. Invece non ci lasciano andare, anzi ci accompagnano fino davanti al cancello: un tragitto troppo breve e dire che abbiamo seguito la pista e non abbiamo tagliato per le scorciatoie. Passi scanditi dalle canzoni che cantiamo e che loro ripetono rasentando la perfezione.
Poi si allontanano. Abbraccio spontaneo e sincero con la Teresa: finalmente i bambini, tanti come solo in Africa ne son rimasti.
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